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CRISI DEL LAVORO: crolla l’occupazione femminile. Su 101 mila posti persi, 99 mila appartenevano a donne.

Nel dizionario di Oxford Languages alla voce “femminismo” si legge:

“Storicamente, il movimento diretto a conquistare per la donna la parità dei diritti nei rapporti civili, economici, giuridici, politici e sociali rispetto all’uomo”

Se porre alla luce l’attuale svantaggio delle donne rispetto alle condizioni e alle posizioni maschili nel mondo del lavoro (e non solo) significa intraprendere una discussione sul femminismo, allora questo è senza dubbio un articolo “femminista”.

I dati Istat sul lavoro in periodo Covid, periodo compreso tra l’estate dello scorso anno dopo la fine della prima ondata, mostrano come la condizione lavorativa degli italiani non ha fatto che peggiorare con l’arrivo della seconda ondata e le nuove chiusure.

Si può notare in particolar modo che nel mese di dicembre, mese vivace per il lavoro tra il Natale e la fine dell’anno, si è registrato un calo dell’occupazione di 101 mila lavoratori. Già di per sé è un dato terribile, ma è ancora più terribile il fatto che di questi 101 mila ben 99 mila sono donne, disoccupate o inattive. Anche guardando nel complesso a tutto l’anno, si registra in Italia il 70% in meno di donne occupate su 444 mila occupati. Per quel che riguarda la differenza del salario annuale medio percepito dalle donne e quello percepito dagli uomini (gender pay gap), in Italia ci aggiriamo all’incirca al di sotto del 20%, ma questa non è comunque una buona notizia.

Quella della disparità di genere non è una tematica nuova, semplicemente la pandemia ha fatto emergere maggiormente questo forte divario in quanto agisce in un contesto oltre che italiano, globale.

Ma non è mica colpa degli uomini se le cose vanno così. Il motivo del crollo occupazionale è una questione anzitutto femminile e ha a che fare con la natura del lavoro stesso. I settori in cui le donne sono impiegate maggiormente sono quei servizi che proprio in questo momento sono i più colpiti dalla crisi: quello dei servizi e il lavoro domestico. Se poi aggiungiamo che spesso questi sono lavori part-time, precari, o peggio, a nero, che danno pochissima sicurezza e stabilità, la situazione attuale non devi stupirci più di tanto. Infatti, nemmeno il blocco dei licenziamenti è riuscito ad arginare questo problema, vedendo le donne le prime a perdere il loro lavoro.

Al di là dell’emergenza sanitaria, l’Italia era già caratterizzata all’interno della sua struttura sociale da disuguaglianze, motivo per cui continua a scendere di posizione nelle classifiche dei paesi che attuano la parità salariale.

Ma anche le donne che continuano a lavorare non possono dirsi salve. Culturalmente la donna è sempre stata vista dedita alla cura della casa e della famiglia, ed in questo 2020 il loro lavoro è aumentato, con lo smart working che si è sovrapposto a tali impieghi domestici, senza più la possibilità di poterli dividere.

Il problema delle disuguaglianze (sociali, di genere, razziali) è un problema che esiste da tempo. La situazione attuale e i dati che oggi abbiamo rendono impossibile continuare ad ignorarlo. Pertanto, dovremmo cogliere quest’opportunità per rivedere la concezione di ciò che è considerato lavoro “maschile” e lavoro “femminile”, concentrandoci più sui meriti di un individuo che sul sesso.

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