Papa Francesco nella Festa della Divina Misericordia: attenzione al virus dell’egoismo indifferente.
In occasione della festa della Divina Misericordia Papa Francesco ha voluto celebrare la santa messa di domenica 19 Maggio nella Chiesa di Santo Spirito in Sassia, una piccola chiesa a Roma vicino al Vaticano che Giovanni Paolo II volle dedicare al culto della Divina Misericordia.
Il culto della Divina Misericordia nasce il 22 febbraio del 1931nelconvento di Plock, in Polonia, dove Suor Faustina Kowalska vide il Signore nella sua cella che le chiese di dipingere quella immagine e che quella immagine della visione fosse venerata dapprima nella sua cappella e successivamente nel resto del mondo.
Durante l’omelia Papa Francesco, commentando il brano del vangelo nel quale si narra l’incredulità di San Tommaso, si sofferma come ”La risurrezione del discepolo inizia da qui, da questa misericordia fedele e paziente, dalla scoperta che Dio non si stanca di tenderci la mano per rialzarci dalle nostre cadute. Egli vuole che lo vediamo così: non come un padrone con cui dobbiamo regolare i conti, ma come il nostro Papà che ci rialza sempre.”
Quello di ieri è stato un appuntamento con la storia, infatti proprio vent’anni da San Giovanni Paolo II istituì la festa della Divina Misericordia, in occasione della canonizzazione di Santa Faustina Kowalska.
Papa Francesco, continuando, ha paragonato i tanti dubbi sull’emergenza che viviamo in questo tempo a causa della pandemia da covid-19 con i dubbi di Tommaso.
“Anche noi come Tommaso, ci siamo ritrovati fragili. Abbiamo bisogno del Signore, che vede in noi, al di là delle nostre fragilità, una bellezza insopprimibile. Con Lui ci riscopriamo preziosi nelle nostre fragilità. Scopriamo di essere come dei bellissimi cristalli, fragili e preziosi al tempo stesso. E se, come il cristallo, siamo trasparenti di fronte a Lui, la sua luce, la luce della misericordia, brilla in noi e, attraverso di noi, nel mondo.”
Papa Francesco in conclusione ha evidenziato il rischio che nella seconda fase di questa pandemia, con la parziale riapertura delle attività, ci possa colpire “un virus ancora peggiore, quello dell’egoismo indifferente. Si trasmette a partire dall’idea che la vita migliora se va meglio a me, che tutto andrà bene se andrà bene per me. Si parte da qui e si arriva a selezionare le persone, a scartare i poveri, a immolare chi sta indietro sull’altare del progresso. Questa pandemia ci ricorda però che non ci sono differenze e confini tra chi soffre. Siamo tutti fragili, tutti uguali, tutti preziosi. Quel che sta accadendo ci scuota dentro: è tempo di rimuovere le disuguaglianze, di risanare l’ingiustizia che mina alla radice la salute dell’intera umanità!”.